La Grande Guerra

di Mario Camaiani

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Il quadrato dei francesi

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Nella 'Grande Guerra', l'Italia combatteva a fianco di francesi, inglesi, statunitensi, russi. In quegli anni coloro che sarebbero diventati miei genitori e nonni vivevano a Livorno, nella cui città era acquartierato un contingente di truppe francesi, nostri alleati, come si è detto. La presenza dei soldati francesi era dovuta al fatto che il porto di Livorno era scalo per il transito delle truppe d'oltralpe dalle colonie in Africa al fronte europeo e viceversa; ed inoltre era un ospedale di tappa. I loro militari malati o feriti, venivano quindi lì ricoverati e curati; mentre quelli che morivano trovavano sepoltura nel cimitero comunale labronico, chiamato 'Ai Lupi' (da notare che nel 1937 in questo cimitero fu solennemente inaugurato un settore detto 'Quadrato dei francesi', dove furono inumate le salme di detti militari).

Ed il racconto che ora descrivo proviene soprattutto da mia nonna Jole, donna istruita, cui più volte me ne ha parlato, e del quale in seguito ho avuto altre conferme.

Dunque: i soldati francesi, durante la 'libera uscita' per la città, si erano presi l'andazzo di importunare le donne, specie se sole, ma talvolta anche se erano in compagnia, con gesti e parole che andavano da canzonatorie fino a volgari, offensive. Questo incivile comportamento, che con il passare dei giorni tendeva a peggiorare, suscitò le proteste dei cittadini che sempre più reagivano a simili soprusi, finché si giunse a furiose cazzottate fra cittadini e soldati francesi.

E la gente commentava: “Se questi militari si comportano così in casa di una nazione amica, che mai farebbero se fossero in una nemica?”. Qualcuno cercava minimizzare ciò che accadeva: “Non bisogna rispondere a queste provocazioni con troppa virulenza, altrimenti si acuisce lo scontro; e poi non tutti di loro si comportano così male, ma solo una piccola parte”. Altri replicavano: “Se anche sono in pochi a manifestarsi così incivilmente, questi trascinano anche gli altri a fare altrettanto....Perciò bisogna reagire con forza alle prepotenze di questi militari stranieri!”.

Ma un giorno, purtroppo, nel centro della città (forse era festa, non ricordo se nonna me lo precisò), con tanta gente a passeggio, ecco che soldati francesi, probabilmente ubriachi, addirittura aggredirono delle donne, abbracciandole e toccandole brutalmente alle parti intime: fu la scintilla che scatenò la ribellione degli uomini che ingaggiarono con gli aggressori una furibonda lotta: i contendenti cominciarono ad usare coltelli, pugnali, e si ebbero i primi feriti. Quando però la tenzone sembrava volgere alla peggio per i livornesi, arrivarono a gran carriera i bersaglieri che, usciti armati dalla caserma 'Lamarmora', presero a far fuoco contro i francesi e si ebbe una strage, con morti e feriti. Allora i francesi in fuga per la città si rifugiavano dove potevano, chiedendo aiuto perfino nelle case; e proprio nel casamento dove abitavano nonna ed i suoi, alcuni suonarono i campanelli degli appartamenti, implorando: “Fateci entrare, ché ci ammazzano!”. Al che alcuni dei dimoranti non volevano aprire il portone: “Hanno agito male, è giusto che adesso ne paghino le conseguenze!”. Fortunatamente però altri inquilini, i più, fra i quali i miei nonni, erano di tutt'altro tenore: “Ma stanno chiedendo aiuto, pietà: come possiamo non acconsentire?” E fu così che quei militari trovarono rifugio nell'edificio.

Nel frattempo gli ufficiali, italiani e francesi, con le pistole in pugno, cercavano di riportare all'ordine i propri soldati; ed infine ci riuscirono, ma purtroppo ormai la deprecabile, drammatica vicenda, era stata consumata.

Qui nonna concluse il racconto mettendo in evidenza come da quella volta le cose cambiarono, perché quando, in seguito, i soldati francesi ripresero a girare per la città in libera uscita, sempre si comportarono civilmente in modo impeccabile, riprendendo la stima e l'amicizia con la popolazione.

P.S. È probabile che nel succitato 'Quadrato dei francesi', nel camposanto di Livorno, si trovino anche le salme di quei soldati francesi morti nei disordini descritti nel presente racconto.

Foto dall'Archivio Rigali (per gentile concessione dell'associazione Perché la tradizione ritorni – La Befana)



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