La Grande Guerra

di Mario Camaiani

indice del quaderno

Il mulo morto

Stampa pagina, salva Pdf o invia per email

Durante la Prima guerra mondiale, nella zona di operazioni, al fronte, un gruppo di genieri teleferisti, dei quali faceva parte anche mio padre, stava lavorando alacremente ad un attacco della funivia che era stato colpito dalle batterie austriache. Si trattava di ricollegare il cavo di traino della navicella, tranciato da un proiettile, onde ripristinare il funzionamento della linea aerea. Durante il tempo del lavoro piovevano cannonate nella zona, ed il sergente esortava i suoi uomini: “Forza, ragazzi, ché più tempo che impieghiamo a compiere il lavoro, più aumenta il rischio di essere colpiti!”. Infine i nostri genieri, terminata la riparazione, intrapresero la via del ritorno alla loro base ma, anziché prendere il percorso più sicuro come nell'andata, più lungo e con molte asperità, per procedere più in fretta s'incamminarono per un sentiero situato nella terra di nessuno, pur in prossimità delle nostre linee. Spesso simili zone erano teatro di scontri fra pattuglie italiane ed austriache, che talvolta si concludevano cruentemente con morti e feriti, ed anche con cattura di prigionieri.

I nostri soldati procedevano guardinghi, con prudenza, quand'ecco che uno di loro esclamò: “Fermi, sento dei rumori, come di passi”. Allora tutti prestarono la massima attenzione, ed ecco che l'allarme dato dal loro commilitone era giusto: ora si sentiva distintamente il rumore di passi cadenzati che si avvicinavano e poco dopo si udirono delle voci: erano austriaci! Il capo del drappello ordinò: “Ognuno fugga, o si nasconda come meglio crede: non c'è tempo da perdere!”. Ed allora i genieri, che non potevano difendersi perché quasi per nulla armati, si sparpagliarono, chi da una parte, chi da un'altra, cercando di salvarsi.

Mio padre si inoltrò per un sentiero, ma udì che i nemici si avvicinavano; fortunatamente però, quando non sapeva più che fare, s'imbatté nella carogna di un mulo: subito si sdraiò accosto all'animale fingendosi morto, mentre la pattuglia austriaca gli passava accanto, senza accertarsi se era vivo o no: gli era andata bene! Epperò babbo, per prudenza, trascorse la notte in quel luogo ed alle prime luci dell'alba riprese il cammino e fece ritorno alla sua postazione.

Lì gli altri suoi compagni dell'impresa, che tutti si erano salvati, lo accolsero con esultanza: “Ecco che arriva Camaiani, vivo e sano!”, gridò uno. Al che un altro aggiunse, scherzosamente: “Non l'ha voluto la morte...e neppure gli austriaci!”, e tutti a ridere, come ragazzi spensierati...

Voglio ora evidenziare come allora i muli fossero di massima importanza nelle operazioni di trasporto bellico in montagna, e non solo; per cui veniva detto, crudelmente, che nell'economia di guerra è peggiore la morte di un mulo, anziché di un soldato.

Foto dall'Archivio Rigali (per gentile concessione dell'associazione Perché la tradizione ritorni – La Befana)



Stampa pagina, salva Pdf o invia per email