La Grande Guerra

di Mario Camaiani

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La scelta dei morituri

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Prima guerra mondiale: siamo nel 1917 e gli austriaci, con i loro alleati, hanno scatenato una massiccia, violenta offensiva contro le linee italiane. E, di fronte ad un preponderante dispiegamento di forze avversarie, i soldati del nostro esercito sono costretti a ritirarsi, inseguiti e pressati dai nemici che avanzano velocemente obbligandoli ad un ripiegamento, disordinato e caotico, per cui questa brutta pagina della nostra storia militare verrà definita come 'la disfatta di Caporetto'.

In simile negativo frangente, rifulsero tanti nostri militari che combatterono eroicamente, sprezzanti del pericolo che correvano; mentre altri, invece, contravvenendo agli ordini ricevuti, quasi non combattevano, ed addirittura ci furono diserzioni, imboscamenti.

Ed in quella difficile, drammatica situazione, fra le truppe s'incrociavano frasi eccitate, brevi, che denotavano stati d'animo alterati: “Qui ci ammazzano tutti - diceva uno -: non possiamo procedere rapidamente a piedi, nel fango, con zaino e armamento...buttiamo via tutto e corriamo, mettendoci in salvo”. “Hai ragione, gli fece eco un altro; ma io non ce la faccio più: sto per fermarmi e aspettare gli austriaci per arrendermi a loro: almeno così per me la guerra sarebbe finita!”. Ancora un altro: “Oppure possiamo rifugiarci in qualche casolare, in qualche paese, magari in una chiesa, in attesa degli eventi...”. Ma tanti, i più, la pensavano diversamente: “Vergognatevi, vili traditori – gridò uno di questi rivolgendosi ai primi -: se l'Italia è giunta ad essere una nazione indipendente e unita è perché i nostri padri hanno combattuto per questo scopo, con coraggio e lealtà; mentre voi, vigliacchi che siete, la fareste ripiombare nel dominio di altri stati!”. Ed un commilitone aggiunse: “Ed anche, per colmo di efferatezza, penserebbero di rifugiarsi in una chiesa disonorando, con la loro presenza, quel sacro luogo!”.

Frattanto, battaglioni di carabinieri, armati di fucili e mitragliatrici, furono schierati onde fermare la marcia dei fuggitivi, quindi obbligandoli a combattere; e ci riuscirono, anche usando le armi. “Che facciamo? - si chiedevano quei soldati sbandati – I carabinieri ci sparano contro da una parte; gli austriaci dall'altra...Combattiamo, quindi contro i nostri nemici!”.

Nel contempo dalla Madre Patria affluirono rapidamente al fronte truppe fresche, fra le quali i diciottenni di leva, detti i 'ragazzi del '99'; carichi di entusiasmo e di amor patrio e finalmente, al fiume Piave, il nemico fu fermato.

Qui mio suocero, militare in fanteria durante quella guerra, il quale mi raccontava tanti fatti bellici da lui vissuti in quegli anni, tristemente mi disse che ancora doveva accadere un fatto raccapricciante: dal nostro quartiere generale delle forze armate giunse infatti l'ordine di punizione per i militari che si erano comportati con codardia. In una grande radura furono fatti schierare tanti soldati, colpevoli di tradimento, disposti in un certo numero di file; indi un alto ufficiale scandì alcuni numeri, ed i corrispondenti componenti di dette file furono disposti davanti al plotone di esecuzione e, purtroppo, fucilati immediatamente sul posto. Fu un episodio straziante: c'era sì, chi accettò la morte con dignità, ma ci fu chi si rotolò per terra gridando frasi come: “Non voglio morire! Voglio rivedere i miei cari...non volevo tradire...è stato più forte di me, abbiate pietà!”, mentre il crepitio dei fucili che sparavano superava i gemiti di quei poveri uomini, che tutti morirono.

Foto dall'Archivio Rigali (per gentile concessione dell'associazione Perché la tradizione ritorni – La Befana)



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